Italian Citizenship: Over One-Third of New Citizens Live Abroad
The ius sanguinis boom among South American descendants: a missed strategic opportunity?
Cittadinanza italiana: più di un terzo dei nuovi italiani vive all’estero
Il boom dello ius sanguinis tra i discendenti degli emigrati in Sud America: un’occasione strategica persa?
Secondo l’ultimo report Istat 2024, più di 126.000 persone che hanno ottenuto la cittadinanza italiana nel 2024 risiedono all’estero. Un dato sorprendente che riguarda oltre un terzo dei nuovi cittadini italiani e che non è destinato a diminuire presto.
Alla base del fenomeno c’è lo ius sanguinis: oltre 140.000 persone hanno ottenuto il passaporto italiano per discendenza, in gran parte da avi emigrati in Brasile (60,8%) e Argentina (22,3%). Molti di loro sono di quarta o quinta generazione e spesso non parlano italiano, né hanno un legame diretto con il nostro Paese, se non genealogico. La novità è che oggi Istat ha finalmente incluso nel conteggio anche le cittadinanze ottenute tramite consolati e tribunali esteri, non solo quelle rilasciate ai residenti.
Il Decreto Legge 36/2025 ha ristretto il campo: solo figli e nipoti potranno avere il riconoscimento automatico. Ma il numero di richieste già in coda è talmente alto che i numeri rimarranno alti ancora per anni.
Intanto Tajani rilancia lo Ius Italiae, ma la maggioranza si spacca
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha rilanciato la proposta di legge sullo Ius Italiae, avanzata da Forza Italia, che permetterebbe agli stranieri nati in Italia o arrivati entro i 5 anni di età, residenti continuativamente da 10 anni e con obbligo scolastico completato, di ottenere la cittadinanza già a 16 anni. L’obiettivo, secondo Tajani, è rendere l’accesso alla cittadinanza “più serio” rispetto all’attuale sistema. Tuttavia, la proposta incontra l’opposizione netta della Lega, di Fratelli d’Italia e della premier Meloni, secondo cui la legge attuale “funziona già”. Le divergenze nella maggioranza ostacolano il percorso della riforma, che è ferma in commissione. Intanto, parti relative allo ius sanguinis sono già state modificate tramite altri provvedimenti, come l’aumento dei costi per le domande dei discendenti e i limiti introdotti con il DL 36/2025.
Il mio parere personale
Non c’è nulla di male nell’essere “italiani per convenienza”. Se una persona ha l’opportunità legale di ottenere un passaporto europeo grazie alla sua discendenza, perché non dovrebbe farlo? Il punto però è: che uso fa l’Italia di questi “nuovi cittadini”?
Invece di considerarli un potenziale asset strategico — per attrarre immigrazione qualificata, nuovi investimenti, cultura, turismo di ritorno, natalità — ci limitiamo a rilasciare passaporti e poi lasciamo che vadano altrove: USA, Canada, Spagna… Paesi dove possono vivere, lavorare, integrarsi più facilmente.
In pochi scelgono di vivere in Italia. Questo falsifica anche i dati sulla mobilità: quando leggiamo “gli italiani vanno all’estero”, spesso non si tratta di italiani nati o cresciuti in Italia, ma di cittadini “recenti”, attratti più dal passaporto che dal Paese.
La verità è che, se avessimo un minimo di visione, potremmo usare questa dinamica a nostro favore: creare reti, incentivare il ritorno, stimolare la partecipazione economica e culturale di chi ha radici italiane, ma vive altrove.
Lo chiamano soft power. Noi, purtroppo, lo chiamiamo “problema”.
Italian Citizenship: Over One-Third of New Citizens Live Abroad
The ius sanguinis boom among South American descendants: a missed strategic opportunity?
According to the latest 2024 Istat report, more than 126,000 people who obtained Italian citizenship last year reside abroad. That’s over a third of all new Italian citizens — a number that’s not expected to drop anytime soon.
This phenomenon is largely driven by ius sanguinis (citizenship by descent): over 140,000 individuals received an Italian passport through lineage, mainly from Brazil (60.8%) and Argentina (22.3%). Many are fourth- or fifth-generation descendants who often do not speak Italian or have a direct connection to Italy beyond ancestry. For the first time, Istat included not just citizenships granted to residents in Italy, but also those recognized via consulates and foreign courts.
Although the new Decree Law 36/2025 has tightened the rules — now limiting automatic recognition to children and grandchildren — the sheer volume of applications already filed means that high numbers will persist for years.
Tajani Pushes Ius Italiae, but the Coalition Remains Divided
Foreign Minister Antonio Tajani has revived the Ius Italiae proposal, backed by Forza Italia, which would grant citizenship to foreigners born in Italy—or who arrived before age 5—after 10 years of continuous residence and successful completion of mandatory schooling. Citizenship could be obtained as early as age 16. Tajani sees this as a way to make citizenship acquisition “more meaningful.” However, the proposal faces strong opposition from the League, Brothers of Italy, and Prime Minister Meloni, who believes the current law is already effective. The reform remains stalled in parliamentary committees. Meanwhile, parts of the proposal related to ius sanguinis have already been addressed through other measures, including higher application fees for descendants and stricter recognition rules set by Decree Law 36/2025.
My personal take
There’s nothing wrong with being “Italian for convenience.” If someone can legally obtain a European passport through ancestry, why shouldn’t they? But the real question is: what is Italy doing with these “new citizens”?
Rather than viewing them as a strategic asset — to attract skilled immigrants, boost investment, reverse demographic decline, or encourage cultural reconnection — Italy simply issues passports and lets them go… to the U.S., Canada, Spain… wherever the opportunity is better.
Very few choose to move to Italy. And this skews mobility statistics: when the media says “Italians are emigrating,” many of those “Italians” were never actually born or raised in Italy — they simply hold the passport.
If Italy had even a hint of long-term vision, it could turn this trend into a geopolitical advantage: creating networks, encouraging return migration, and engaging these communities in ways that benefit everyone.
This is what’s known as soft power. But in Italy, unfortunately, we still treat it as a problem.