Oltre la fuga: vent’anni di mobilità italiana spiegati dal RIM 2025
Beyond the “Brain Drain”: 20 Years of Italian Mobility
Dal mito dei cervelli in fuga alla realtà di un’Italia plurima, circolare e diseguale
Ogni anno, quando esce il Rapporto Italiani nel Mondo, i giornali ripetono lo stesso copione: “fuggono i cervelli”, “si svuota il Sud”, “l’Italia non offre futuro”. E ogni anno, puntualmente, pochi lo leggono davvero.
Eppure il RIM 2025, pubblicato dalla Fondazione Migrantes, racconta una storia molto più complessa — e più vera — di quella che la retorica giornalistica continua a proporre.
Il Rapporto festeggia vent’anni e mette nero su bianco una verità che l’Italia fatica ad accettare: non esiste una sola Italia, ma molte Italie che si muovono a velocità diverse.
In vent’anni sono stati registrati 1,6 milioni di espatri e 826 mila rimpatri, con un saldo negativo di oltre 800 mila persone. Ma dietro i numeri ci sono cicli, non fughe: periodi di crisi e ripartenza, scelte individuali e percorsi circolari che intrecciano Europa e Italia, Nord e Sud, partenze e ritorni.
L’Europa resta il baricentro
Il 76% degli espatri italiani degli ultimi vent’anni è avvenuto verso l’Europa, e da lì proviene anche il 60% dei rientri.
Il Regno Unito, la Germania, la Svizzera, la Francia e la Spagna da soli raccolgono quasi il 60% delle partenze e il cuore del saldo negativo complessivo. Ma la novità è che la mobilità non è più solo un viaggio di andata: si moltiplicano le traiettorie brevi, i rientri temporanei, i trasferimenti intra-UE.
L’Italia non esporta solo lavoratori, ma competenze e famiglie che spesso mantengono un doppio legame, con case, imprese e relazioni distribuite tra due Paesi.
La spinta dei giovani (e dei nonni)
Nel solo 2024 si sono iscritti all’AIRE per espatrio 123.000 cittadini italiani, +38% rispetto all’anno precedente.
Di questi, il 72% ha meno di 50 anni. La fascia 18-34 è la più dinamica (+48% in un anno), ma crescono anche i cinquantenni e i sessantenni che si spostano per aiutare figli e nipoti all’estero — la cosiddetta “mobilità dei nonni”, una forma tutta italiana di welfare familiare transnazionale.
Un’Italia diseguale
Le regioni più colpite restano Sicilia, Lombardia e Veneto, ma i tassi più alti in rapporto alla popolazione si registrano in Molise (35%), Basilicata (29%) e Calabria (25%).
È la conferma di un Paese spaccato: il Nord esporta forza lavoro qualificata e capitale umano; il Sud continua a svuotarsi di giovani, ma anche di speranza. Il RIM lo chiama “atlante dell’ingiustizia spaziale”: dietro ogni partenza, un territorio dimenticato.
La cittadinanza che cambia il senso dei numeri
Nel 2025 gli iscritti AIRE sono 6,4 milioni, quasi il 12% dei cittadini italiani.
Ma solo metà di loro si è effettivamente trasferita dall’Italia: il 47% è iscritto per espatrio, il 41% per nascita.
Questo dato svela una dimensione spesso ignorata: milioni di “italiani nel mondo” non sono emigrati, ma nati italiani fuori dai confini. La nuova legge sull’AIRE (sanzioni da 200 a 1000 euro per chi non si iscrive) e le acquisizioni di cittadinanza iure sanguinis in Sudamerica e Nord America stanno gonfiando le cifre, ma anche ridefinendo l’idea stessa di italianità.
Non più fuga, ma pluralità
Il Rapporto smonta infine il luogo comune della “fuga dei cervelli”.
Negli ultimi vent’anni, gli italiani partiti sono diversi per età, formazione e motivazioni: talenti, lavoratori manuali, studenti, imprenditori, nomadi digitali.
“Fuggire da o correre verso?”, si chiede il RIM: due posture opposte, che coesistono nella stessa generazione.
La mobilità contemporanea non è un tradimento del Paese, ma il sintomo di un’Italia che sopravvive altrove, una nazione diffusa, che vive nei legami e nei ritorni.
Dopo vent’anni, il messaggio è chiaro: il problema non è chi parte, ma un Paese che non sa più trattenere né valorizzare chi ha il coraggio di muoversi.
Il mio invito, soprattutto per chi, come me ama leggere dati (e le infografiche) è di leggere tutto il report con apertura mentale, fuori dalla retorica giornalistica.
Beyond the “Brain Drain”: 20 Years of Italian Mobility
The 2025 Migrantes Report redefines who really leaves, who returns, and what being Italian abroad means
Every year Italian media shout “brain drain,” “Italy is emptying out,” “the young are fleeing.”
But the 2025 Rapporto Italiani nel Mondo shows something far more nuanced — and far more interesting.
Over the last twenty years, 1.6 million Italians left and 826,000 returned. The net loss of 800,000 hides a circular dynamic: people leave, come back, and move again, mostly within Europe. The UK, Germany, Switzerland, France, and Spain remain the core destinations — not escape routes, but hubs of opportunity in a connected continent.
In 2024 alone, 123,000 Italians moved abroad, mostly aged 18-49. The youth lead, but so do the grandparents: many retire abroad to support their children’s families, a kind of intergenerational mobility that keeps Italian ties alive across borders.
Today, 6.4 million citizens are registered abroad — 12% of all Italians. Yet almost half were born abroad, not emigrated.
Italian citizenship by descent (especially in Latin America) is expanding faster than the actual migration flow, turning the idea of “Italians abroad” into a plural, global network.
What the report really says is this: there is no single Italy. There are multiple Italies moving at different speeds.
Migration is not betrayal; it’s adaptation. And those who move are not just brains or hands — they are talents in motion.
The true crisis is not leaving; it’s Italy’s inability to make staying feel like a choice.


