Six Babies and a Valley That Refuses Decline
Sei bambini, una valle e la prova che i piccoli comuni non sono finiti
Una storia raccolta dal Corriere della Sera del 3 dicembre: cosa ci racconta l’esperienza di Monterosso Grana.
Il 3 dicembre il Corriere della Sera ha raccontato una storia che per ITS Journal vale più di molte conferenze sulla denatalità. Monterosso Grana, 448 abitanti nel Cuneese, nei mesi di settembre-ottobre-novembre ha registrato sei nascite. Cinque soltanto a novembre. Non un “miracolo alpino”, ma un raro esempio di un territorio che ha smesso di pensare a sé stesso come periferia e ha ricominciato a funzionare come comunità.
Il dettaglio, riportato da Elvira Serra, che cinque bimbi pesano oltre i tre chili sembra quasi un’immagine letteraria: l’aria di montagna che “fa bene”. Ma il peso è solo la metafora più leggera di un ecosistema che tiene. Le storie dei neo-genitori sono molto diverse e insieme molto simili:
– Anthony, 32 anni, allevatore, e Anna, 29, casara, che crescono Francesco nella cascina con cani, gatti, cavalli e vacche;
– Nicolò, 31 anni, impresa edile, e Sara, operaia metalmeccanica, che hanno già in mente il secondo figlio;
– Martina, direttrice dell’Unione Montana, laureata tra Torino, Nizza e Roma, che ha ristrutturato la casa di famiglia per scegliere una vita più radicata;
– Satpal Singh, 29 anni, arrivato dal Punjab e diventato padre pochi giorni dopo Anthony, con la moglie raggiunta in Italia solo l’anno scorso;
– Tania, panettiera, che aspetta di riportare a casa la piccola Adenike dalla terapia intensiva neonatale.
Il filo comune non è l’idillio rurale. È l’esistenza di condizioni minime ma efficaci per vivere e crescere una famiglia. Monterosso fa parte di un “sistema scolastico itinerante”: micro-nido in costruzione a Valgrana, asilo già attivo, scuola primaria con un computer per bambino e lezioni nei boschi, il polo sportivo a Pradleves, le medie a Caraglio con lo scuolabus. Un’infrastruttura leggera che non prova a imitare la città, ma che fa bene quello che deve fare.
C’è poi la questione, spesso ignorata, dell’uso intelligente dei fondi PNRR: qui non sono diventati brochure patinate ma nuovi luoghi d’incontro, spazi comunitari, piccole migliorie che costruiscono quello che la sociologia chiama “capitale di prossimità”. Se i giovani trovano luoghi dove stare, restano. Se restano, arrivano altri.
Il sindaco, Stefano Isaia, lo dice senza trionfalismi: «Da quando sono in carica, nel 2022, sono nati tredici bambini». E l’8 dicembre ha organizzato una festa per i nuovi nati, regalando una copia della Costituzione e un pezzo di Castelmagno dop. Radici e prospettiva, concrete e simboliche.
C’è anche un tema culturale che questo caso illumina bene: non si tratta di “ritorno alla terra” come slogan romantico. Molte di queste storie nascono da esperienze metropolitane, da percorsi universitari, da lavori specializzati, da migrazioni internazionali. Le famiglie non si spostano “per fuggire la città”, ma perché in questi paesi hanno trovato una qualità della vita compatibile con la modernità, non in conflitto con essa.
Monterosso Grana non è un modello da replicare in blocco — ogni valle fa storia a sé. Ma dimostra una cosa che dovremmo ricordare più spesso: la natalità non risponde ai bonus, risponde al senso. Senso di comunità, di futuro, di possibilità. Quando questo c’è, i piccoli paesi smettono di svuotarsi. E tornano a crescere.
Six Babies and a Valley That Refuses Decline
What Monterosso Grana really teaches us.
On December 3rd, Corriere della Sera published a story that, for ITS Journal, says more about Italy’s demographic future than many official reports. Monterosso Grana, a village of 448 people in the Cuneo Alps, welcomed six newborns in the past three months — five in November alone. Not a “mountain miracle,” but the outcome of a territory that still functions as a community.
The newborn stories form a vivid portrait of contemporary rural Italy:
– Anthony, a 32-year-old cattle farmer, and Anna, a cheesemaker, raising Francesco surrounded by dogs, cats, horses and cows;
– Nicolò and Sara, a builder and a metalworker, already thinking of a second child;
– Martina, with degrees from Turin, Nice and Rome, who renovated her family home to embrace a rooted life;
– Satpal Singh, 29, from Punjab, whose wife joined him only last year;
– Tania, the village baker, shuttling between work and the neonatal ward where baby Adenike is growing stronger.
What unites them is not rural romanticism. It’s the presence of essential, functioning services. Monterosso is part of an “itinerant school system”: a micro-nursery being built in Valgrana, an active kindergarten, a primary school where every child has a computer and lessons take place in the woods, a sports hub in Pradleves, middle school in Caraglio connected by a valley-wide bus. Lightweight infrastructure, intelligently distributed.
Equally important is the smart use of PNRR funds: here they didn’t disappear into glossy brochures but became local meeting points and community facilities. When young people have real places to be, they stay. And when they stay, others arrive.
Mayor Stefano Isaia sums it up plainly: thirteen births since 2022. On December 8th, he welcomed newborns with a copy of the Italian Constitution and a slice of Castelmagno cheese — symbolism and substance intertwined.
These families are not “escaping the city”; many come from metropolitan backgrounds, universities, skilled jobs, or international mobility. They choose the valley because it offers a form of modern rural life, compatible with work, education, and connection.
Monterosso Grana is not a template — no village ever is. But it shows a truth policymakers often overlook: birth rates rise not with incentives but with meaning. When people see a future, life follows.


