L’impatto non ha bisogno di grattacieli: York Zucchi e la forza delle comunità locali
Come un lavoro planetario trova la sua solidità nei contesti più umani e accessibili d’Italia, un paese alla volta.
Questa conversazione dura 30 minuti – intensi, densi, da seguire fino all’ultimo secondo.
Questo articolo è solo un assaggio: l’episodio completo merita di essere ascoltato integralmente.
Quando parte l’intervista, lo dico subito: è la prima volta che registro un episodio di Remote Workers for Remote Villages in inglese.
York Zucchi ride: «Sono italiano, ma dopo 33 anni in 19 Paesi, l’inglese è diventata la mia lingua madre. Però quando devo imprecare, lo faccio ancora in italiano».
Pensare globale, vivere locale
York porta sulle spalle 34 anni di lavoro internazionale: metà nelle grandi strutture (anche Goldman Sachs), metà da imprenditore in numerosi Paesi.
«Oggi gestiamo la nona più grande organizzazione mondiale di education online», racconta.
«Supportiamo 455 città in 29 Paesi: Afghanistan, Nigeria, Sudafrica, Namibia, Italia, Spagna, Germania…».
Una macchina globale che vive di remote work: «Per noi il lavoro da remoto è stato una benedizione: ci permette di attrarre talenti globali senza spostarli fisicamente».
La scoperta più grande: capire come si lavora davvero
Zucchi non è un “nomade digitale storico”: «Lo sono diventato davvero solo tre anni fa».
Prima una fase di test, tentativi, piccoli passi.
La rivelazione? «Ho capito come lavoro. Non amo le otto ore canoniche: amo risolvere problemi. Che richiedano 35 minuti o quattro giorni, non importa. Sono orientato ai risultati, non all’interazione».
E soprattutto: «Ho capito cosa non mi serve. Non ho bisogno di 184 ristoranti e 11 teatri. Preferisco un piccolo paese».
Undici paesi italiani, una nuova prospettiva di vita
Negli ultimi tre anni York ha vissuto con sua moglie in 11 paesi e cittadine italiane.
Il suo invito è semplice e diretto: «Se state pensando di provarci, fatelo. Non vendete tutto: andate tre mesi in un paese. La qualità della vita, l’interazione umana, l’assenza di traffico… ti cambiano davvero».
Gli esempi sono concreti: «Il meccanico mi ha cambiato un pezzo a 10 euro. In città ne avrei spesi 45».
E poi il dato che colpisce chiunque: «Abbiamo ridotto i costi del 40–45%».
Le infrastrutture? Più avanti di quanto si creda
«In alcuni paesi ho una fibra migliore della Germania. In certi posti ho un gigabit», dice.
Io, che vivo a Londra, aggiungo: “A volte qui la linea cade ogni cinque minuti. In alcuni paesi italiani ho una connessione che qui mi sognerei”.
L’Italia come vantaggio competitivo
Quando gli chiedo se l’Italia stia giocando bene le sue carte, York è netto: «Sì. Ha incentivi fiscali reali e una varietà immensa di paesi e piccole città».
E sulla “Dolce Vita”: «Se hai visto solo Roma, Milano o Venezia, non hai visto l’Italia. La Dolce Vita vera è nei paesi: accoglienza, cibo incredibile, vita reale».
Il futuro: territori vivi, comunità creative, campus diffusi
Poi arriva il passaggio più visionario: «Posso immaginare paesi che diventano villaggi artistici, campus universitari diffusi, incubatori di startup. O anche paesi per pensionati con servizi dedicati».
E non è teoria: Zucchi oggi vive a 27 minuti da Fiumicino, pagando un terzo dell’affitto che pagherebbe a Roma.
L’impatto sulle comunità: non un rischio, ma un’opportunità
Parliamo anche del tema gentrificazione. York è molto concreto: «I paesi italiani non sono Amalfi o Portofino. Sono per tre quarti vuoti e sperano di tornare al 75% di vita. La capacità c’è». E aggiunge: «Cinque amici che vengono a trovarmi non cambiano un territorio».
L’impatto, se ben gestito, è redistribuzione: «È un modo molto più efficace per distribuire l’impatto ambientale e sociale su un’area più ampia».
Il consiglio finale: provare, e farlo insieme
«Prendete tre amici, tre famiglie. Andate in un paese per tre mesi. Create la vostra micro-comunità e scoprite se fa per voi».
E mentre scherziamo sul tempo, York conclude: «Siamo bambini. Abbiamo ancora una vita lunga davanti».
Un finale perfetto per un episodio da ascoltare fino all’ultimo minuto.
You Don’t Need Skyscrapers to Create Impact: York Zucchi and the Power of Local Communities
How a global mission thrives in more human, accessible environments across Italy — one town at a time.
(Intro note)
This conversation lasts a full 30 minutes — rich, thoughtful, worth watching to the very end.
What follows is only a taste of the full interview.
When we begin the interview, I say it right away: it’s the first time I’m recording a Remote Workers for Remote Villages episode in English.
York laughs: “I’m Italian, but after 33 years in 19 countries, English has become my mother tongue. Though when I swear, I still swear in Italian.”
Thinking globally, living locally
York brings 34 years of global experience — half in major organisations like Goldman Sachs, half as an entrepreneur across continents.
“Today we run the world’s eighth largest online education organisation,” he says.
“We support 455 cities in 29 countries — from Afghanistan to Nigeria, from Italy to Spain and Germany.”
Remote work is the engine:
“It’s been a godsend. It allows us to attract talent globally without relocating anyone.”
Discovering how he truly works
He’s not a lifelong digital nomad: “I only truly became one three years ago.”
Before that, experiments, tests, small steps.
The key insight? “I realised how I work. I don’t like the eight-hour structure. I like solving problems — whether it takes 35 minutes or four days. I’m outcomes-driven, not interaction-driven.”
And then:
“I also realised what I don’t need. I don’t need 184 restaurants or 11 theatres. I prefer a small town.”
Eleven Italian towns, a new perspective
In the past three years, York and his wife lived in 11 towns across Italy.
His advice is clear: “If you’re considering it, try it. Don’t sell everything — spend three months in a town. The quality of life, human interaction, lack of traffic… it changes you.”
Real-life examples follow: “A mechanic fixed my car for 10 euros. In a big city it would have been 45.” And: “We cut our living costs by 40–45%.”
Infrastructure: better than many expect
“Some towns have better broadband than Germany. In some I get a full gigabit,” York says.
Living in London, I add: “Here my line drops every five minutes. Some Italian towns have a connection London can only dream of.”
Italy’s competitive edge
When I ask whether Italy plays its cards well, York has no doubt: “Yes. Real fiscal incentives, and an extraordinary variety of towns and small cities.”
On the Dolce Vita cliché: “If you’ve only seen Milan, Rome or Venice, you haven’t seen Italy. Real Dolce Vita is in the towns: hospitality, food, real life.”
The future: vibrant territories and human-scale ecosystems
Then his most visionary point: “I can imagine towns becoming artist hubs, distributed university campuses, startup incubators — or retirement towns with dedicated services.”
And this isn’t abstract: York lives 27 minutes from Rome airport, paying one-third of the rent he’d pay in the city.
Impact on local communities
On gentrification, he’s pragmatic: “Let’s be honest: towns aren’t Amalfi or Portofino. They are three-quarters empty and would love to be alive at 75% again. The capacity is there.”
And: “Five friends visiting me don’t change a territory.”
For York, impact is regeneration: “It’s a far more effective way to distribute social and environmental pressure across wider areas.”
Final advice: try it — together
“Take three friends, three families. Live in a town for three months. Build your micro-community and see if it works for you.”
As we go overtime, York laughs: “We’re children. We have a long life ahead of us.”
A perfect summarising line for an episode full of clarity, realism and possibility.
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Ci sono persone che parlano di benessere e poi ci sono persone che lo vivono, lo praticano, lo misurano nel tempo e nello spazio.














